Sono stati finalmente fissati i paletti per le attività diverse del Terzo settore ETS, grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 177 del 26 Luglio del Decreto 107/2021. Si tratta delle regole che fissano i criteri per lo svolgimento delle cosiddette attività «diverse» da quelle di interesse generale che gli enti del Terzo settore (Ets) potranno svolgere in forma commerciale per finanziare le attività principali. Ad esempio, somministrazione di alimenti e bevande, sponsorizzazioni, vendita di beni, attività editoriali, ludiche, ricreative, ecc., anche se rivolte a non soci.
Tuttavia, questa opportunità non dovrà snaturare la logica del terzo settore, che richiede lo svolgimento da parte dell’Ets in via principale delle attività di interesse generale e solo in via subordinata di quelle secondarie. Pertanto si parla sempre di strumentalità e secondarietà per tali attività.
Nello specifico:
– per strumentalità intendiamo ogniqualvolta l’attività sia funzionalmente orientata alla realizzazione di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale dell’ente, anche se non direttamente connesse alle attività istituzionali. L’obiettivo, ovviamente, è quello di autofinanziare gli Ets attraverso le attività commerciali purché siano strumentali rispetto all’interesse generale (a prescindere dal tipo di attività «diversa» svolta)
– per secondarietà si stabilisce invece due parametri quantitativi, da utilizzare in alternativa, ovvero i ricavi da attività diverse non dovranno essere superiori:
a) al 30% delle entrate complessive dell’Ente
b) al 66% dei costi complessivi dell’Ente
E’ evidente che il criterio b) potrà essere adottato dalla maggior parte delle realtà associative prive di entrate da attività di interesse generale o con entrate ridotte. E’ molto importante evidenziare che sul fronte dei costi rientrano nel limite del 66% anche quelli figurativi relativi a:
• impiego di volontari iscritti nell’apposito registro
• cessioni, erogazioni gratuite di denaro, beni o servizi per il loro valore normale
• differenza tra il valore normale dei beni e/o servizi acquistati per l’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.
Ciò significa che il plafond dei costi su cui misurare il 66% è molto più ampio rispetto ai costi monetariamente sostenuti, perché bisogna anche considerare i costi non sostenuti, ma quantificabili perché comunque esistenti all’interno dell’ETS
Inoltre i limiti del Decreto non sono rigidi. Infatti nessun problema si presenterà in caso di superamento dei suddetti limiti in un anno, poiché l’Ente potrà “recuperare” nell’esercizio successivo, compensando l’eccedenza dell’anno precedente. Ad esempio, se l’ente ha avuto nel 2021 ricavi da attività commerciali diverse pari al 35 % delle entrate complessive, nel 2022 dovrà avere un rapporto non superiore al 25 % (anziché al 30 %). In caso di superamento dei parametri fissati, l’ente sarà tenuto comunque a comunicare l’avvenuto sforamento all’Ufficio del Registro unico entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio.
Infine, ricordiamo che lo Statuto deve prevedere la possibilità di svolgere le attività diverse, potendo rimettere alla competenza del Consiglio direttivo la scelta delle singole fattispecie, dandone evidenza nella relazione di missione o in calce al rendiconto per cassa o nella nota integrativa, oltre a documentarne il carattere secondario e strumentale (articolo 3, comma 2, Dm 107/2021).